IL MURO | Giuseppe Delle Vergini

Pathos Edizioni
Pagine 134
13 euro

Felice di aver contribuito alla prefazione del libro.

di Carla Bonfitto

Quale senso può avere riflettere su determinati argomenti storici che hanno segnato profondamente la nostra umanità?

Giuseppe Delle Vergini scrittore, documentarista attento alle problematiche attuali e in particolar modo al mondo dei migranti, con il romanzo “Il Muro” ci riporta alla storia, all’essenziale, al senso di responsabilità, ma soprattutto al bisogno di pace.
Già dalle prime pagine ci lasciamo trasportare dalla voce di Ilda, dal suo vissuto.
La sua voce è quella dei ricordi amari, laceranti, di chi ha imparato a farne un punto di forza per il futuro.
Sopravvissuta, grazie alla musica, ai campi di sterminio, cerca di riprendersi la sua vita, ma non più in Italia.
Ilda risponde ad una chiamata ben precisa.
Tornerà in Israele, a Gerusalemme, per rinascere ed “invecchiare in pace nella Terra promessa”, portando con sé dall’Italia una vecchia stampa di Firenze, la sua città, e il pianoforte a mezza coda. 
La descrizione della protagonista diventa a tratti commovente, nostalgica, la storia di chi ha avuto “fame” di pace e che spera in un futuro migliore. 

Il racconto si snoda tra fatti storici che hanno segnato profondamente la nostra umanità: la persecuzione degli ebrei e la costruzione del Muro tra Israele e la Palestina.

“I muri non servono assolutamente a niente. Lo insegna la storia. Prima o poi crollano. Fomentano soltanto odio e violenza e non fermano certo i cattivi.”

I muri che da sempre pongono limiti al nostro esistere, al nostro essere.

In questa nuova, ma antica e amata terra, sarà la musica la vera protagonista, l’unica capace, ieri come oggi, di abbattere i muri e l’indifferenza e di unire i cuori. 
Ilda, profondamente convinta che si possa imparare anche in tempo di guerra, tra i kamikaze che si fanno esplodere negli autobus e palazzi che crollano sotto le bombe, non si tirerà mai indietro  e con coraggio e speranza darà il suo contributo per la pace. 

L’incontro con Omar, un giovane e talentuoso flautista palestinese, riporterà Ilda nel suo amato mondo musicale facendo riaffiorare quella bellezza in lei ancora viva e testimone di ricordi tristi e incancellabili, vecchi fotogrammi in bianco e nero, quando nel lager suonava per gli ufficiali tedeschi o, ignara, accompagnava con la musica i suoi fratelli verso i forni crematori. 
Un nuovo spartito si schiude ai suoi occhi e le note adesso producono i suoni della pace e dell’amore.
Il linguaggio universale della musica, come un vero e desiderato segno di pace, avrebbe “gettato un ponte tra due mondi separati”.
Ed è così che Omar troverà in Ilda una guida forte e generosa per coltivare il suo sogno di giovane musicista e riuscire a varcare il muro più insidioso, quello del pregiudizio.

Può un racconto essere metafora della vita? 
Di sicuro ci aiuta a sognare e a guardare agli eventi presenti con occhi diversi.

E’ chiaro che Giuseppe delle Vergini ha operato una scelta consapevole e rispettosa della storia, ma nello stesso tempo elegante nella forma e soprattutto densa di significati.
Lo scrittore con grande cura e con straordinaria sensibilità riesce a raccontare e a descrivere situazioni difficili della nostra storia e, forse, ancora e sempre dietro l’angolo fin tanto che il pregiudizio e la discriminazione continueranno ad insinuarsi e a prendere il sopravvento nel cuore dell’uomo.
Ci facciamo, allora, trasportare dalla musicalità della parola, come se davvero ascoltassimo quelle note dal vivo, attraverso un ritmo che ben scandisce i momenti della storia, nella consapevolezza di un tempo amico che porterà alla pace sognata, che restituirà i suoi frutti, moltiplicandoli e, soprattutto, guiderà il lettore in una profonda riflessione.

Consigliato per le scuole.

Presentazione 5 dicembre 2021

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QUI l’intervento di Stefano De Luca o.f.m..

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